Di solito mi facevo prendere troppo da questi rapporti, e dovevo sforzarmi per frenare lāentusiasmo. Marita, una mia compagna di universitĆ che lavorava come direttrice organizzativa in teatro, credeva che mostrarsi troppo disponibili fosse controproducente. Una sera mi aveva invitato a cena da lei, offrendomi un tagliere di formaggi e tutte quelle cose che lāintellighenzia medio-borghese non si fa mai mancare: hummus, edamame, salsa tzatziki e cosƬ via.
Le stavo raccontando di uno sfortunato flirt estivo con una ragazza canadese, e Marita sosteneva che il mio pressante desiderio di avere una relazione facesse allontanare le donne. Ero troppo accessibile, troppo ansioso di anticipare le esigenze delle ragazze con cui uscivo.
Ā«Sei un ragazzo premuroso, il compagno che tutte noi meriteremmo di avereĀ» mi aveva detto. Ā«Ma non quello che cerchiamo.Ā»
A dire il vero non avevo di me unāopinione cosƬ alta; anzi, spesso mi sentivo in difetto rispetto alle donne che incontravo. Le parole di Marita mi facevano pensare a uno di quegli stalker delle serie tv che si nascondono dietro la facciata del bravo ragazzo. Comunque, memore della sua lezione, con Maia cercai di limitarmi. Se un giorno ero io a scriverle per primo, la volta successiva aspettavo che fosse lei a farlo, e magari non mi precipitavo a rispondere come se fosse in gioco la mia vita. Alla fine, perĆ², non lasciavo mai trascorrere piĆ¹ di mezzora, nel timore che lāintesa fra noi si rovinasse.
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