La vita ricomincia

0
411

Il 27 giugno era una anniversario speciale, nostro, festeggiato insieme per tanti anni. Ma tu non ci sei, non ci sarai piĆ¹. Ho deciso di farmi un regalo, quel giorno: 30 ore aĀ  Parigi. Era il nostro anniversario, ma a partire ero solo io.Ā  Una decisione di getto, con il volo caro, il mio solito amato albergo con camera sui tetti, due mostre belle, un ristorante da provare. Formula perfetta. GiĆ  sperimentata. Ma le ultime due volte, aveva funzionato poco. La prima – era Natale 21- un velo pesante di tristezza che appannava tutto, la pioggia, il freddo, il furto del telefono la vigilia di Natale. Io seduta per terra nella stazione della metropolitana incerta se piangere per ore o andare avanti. Sono andata avanti. E ancora, ancora.Ā  Il Natale dopo, sempre Parigi, un po’ meglio, con un incontro magico alla gare de Lyon che mi ha fruttato una nuova amica.Ā  Ma sempre c’erano i sorrisi di circostanza, la pesantezza del cuore, i segni spietati sul viso. E il 27 avevo due scelte: fare una cenetta solitaria con la nostra foto sul tavolo o farmi un grande regalo. Ho optato per il regalo. Mi sono tolta di dosso un po’ di feticci, anelli, orologio. Ho indossato cose solo mie. E sono partita. Tutto, dall’inizio alla fine di questo viaggio lampo, ĆØ stato perfetto. Io che ballavo nei passage della metro con la musica di solitari artisti sotterranei, io che nonostante il caldo africano camminavo senza sosta, io che ho mangiato la cena piĆ¹ buona del mondo e sono diventata amica dello chef che ĆØ uscito a salutarmi…io che ho scoperto chiese e atelier di artisti che non avevo mai visto… io che ti ho portato nel cuore ma gli ho permesso di respirare da solo. E’ come se, il 27 giugno, avessi acceso l’interruttore della parola GIOIA. Parola a me sconosciuta negli ultimi 4 anni. Il viaggio a Parigi ĆØ stato lo spartiacque. Tutti sono stati buoni con me, anche le mie gambe, che mi hanno permesso di fare quasi 30 chilometri in due giorni, senza farmi male, anche se si sono vendicate il giorno del mio compleanno, costringendomi a chiedere aiuto per fare solo 700 metri. Ma cosƬ ĆØ. E dopo Parigi, ho ripreso a pianificare. Ho capito che non ce l’avrei fatta ad andare nĆØ in Islanda nĆØ in PerĆ¹, con programmi serrati e impegnativi. L’anno scorso in Sud Africa ho chiesto tanto al mio fisico e alle mie gambe, con risposte super positive. Quest’anno, dĆ² loro una tregua. Parto domani e torno praticamente a fine agosto. Per una serie di confortevoli case, iniziando da Nizza, poi La Spezia, Berlino e la Maremma. Per arrivare a settembre, uno dei miei mesi nel Paradiso sardo. Case che accoglieranno, se c’ĆØ bisogno, i miei dolori alle gambe e la mia stanchezza. Case dove ci sono persone che mi vogliono bene. Che in questo momento ĆØ la cosa piĆ¹ importante per me. Oltre al lasciar andare. Che non vuol dire e non vorrĆ  mai dire dimenticare, rinnegare. La mia lunga splendente vita ĆØ dentro di me. Ma smetto i riti che scandivano le mie giornate, minuto per minuto. Ripongo immagini e oggetti che inondavano la casa.Ā  Apro la mente. E il cuore. Le persone se ne accorgono. Sono andata a vedere una bravissima e struggente Ambra Angiolini in un appassionato monologo sulla storia di Franca Viola e una ragazza seduta accanto a me mi ha rivolto la parola. Abbiamo parlato, scoperto interessi in comune e anche dettagli singolari; ci siamo riviste per un caffĆØ fitto di chiacchiere, forse svilupperemo insieme un progetto di aiuto alle donne. Due giorni dopo, su un tram, nel centro di una Milano assolatissima e semideserta, una signora dall’aria simpatica mi ha chiesto informazioni. Si ĆØ appena trasferita a Milano. Abbiamo parlato il tempo di tre fermate, intravedendo l’una nella vita dell’altra talmenteĀ  tante cose che ci incuriosivano, che io, prima di scendere al volo diretta verso un’infausta visita dal dentista, ho proposto di scambiarci i numeri di telefono. Detto fatto, appena possibile caffĆØ o cinema anche con lei, e aggiornamenti. Ieri sera, mentre andavo a cena da una persona che particolarmente mi ha aiutato a rialzare la testa, mi fermano in tre: genitori ucraini trasferiti in Canada, con figlio nato lƬ. Appena arrivati da Verona, vogliono vedere qualcosa di Milano, ma non sanno cosa. Chiedono a me. Dopo un breve consulto familiare, decidono: piazza Gae Aulenti. Incredibile, io vado all’Isola e quindi passo da lƬ. Li porto con me sul glorioso tram 10 tutto di legno e poi in metro. Insistono molto per assoldarmi come loro guida nei prossimi giorni. Declino gentilmente l’offerta, domani arriva la mia amica del cuore e poi partiamo. Coincidenze? Non penso proprio. Io credo profondamente nella sincronicitĆ , nelle persone mai incontrate per caso, negli incontri improbabili che si trasformano in amicizie. E penso che il mio cuore, vissuto praticamente al buio per quattro anni, sia uscito fuori ed emani talmente tanta luce che le persone se ne accorgono. Aspetto nuovi incontri, emozioni di viaggi, sorrisi di amiche vecchie e nuove. Aspetto. Tutto arriverĆ .