Il dolore, questo sconosciuto

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Non esiste un essere vivente, un pesce, una foglia un fiore una nuvola uguale allā€™altro. E non esiste dolore uguale ad un altro.

Tanti anni fa, andai al funerale di un ragazzo. Era morto nelle rapide di un fiume, con la sua canoa. La chiesa era gremita di gente e cā€™era il senso di sgomento che sempre pervade quando ad andarsene ĆØ una persona giovane, troppo. La vedova salƬ sul pulpito e con la voce rotta dai singhiozzi disse: Non dimenticherĆ² mai i suoi occhi cosƬ belli. Sei mesi dopo era sposata con un altro, appartenente ad una strana Chiesa che insegna che lā€™atto dā€™amore ĆØ concepibile solo per procreare. Ha fatto sette figli. Eppure il suo dolore pareva, era? sincero.

Io non sono giovane, ho una vita dietro le spalle, un breve percorso davanti. E un dolore che mi lacera. Dopo trentasei anni ho perso lā€™amore della mia vita. Sono passati tre mesi, solo tre mesi, e la voragine si allarga sempre piĆ¹. Da tanto tempo Ā ā€“ prima la malattia e poi la morte ā€“ ho scelto il silenzio. PerchĆ© dentro di me ho giĆ  tante voci che urlano, la rabbia la paura lo scoramento la stanchezzaā€¦non posso aggiungerne altre. E ho scoperto che nessuno, o quasi nessuno, sa rapportarsi con il dolore degli altri. PerĆ² tutti, o quasi tutti, si sentono in dovere di parlare. Per consolarti, per coprire il loro imbarazzo, per paura dellā€™inadeguatezza?

Cā€™ĆØ chi pensa di essere in garaā€¦ si, il tuo ĆØ un dolore, ma il mioā€¦La palma va a chi mi ha scritto che si, capiva il mio dolore ma anche il suo animaletto domestico non tornava a casa da due sere!

Cā€™ĆØ chi mi racconta le sue disgrazie – non ho l’esclusiva, no? –Ā  e se le patologie sono affini a quella per cui il mio amore ĆØ morto, tanto meglio.

Chi mi dice che lui cā€™ĆØ. Non si sa se nella stanza accanto, nascosto in un armadio, in cielo, in terra, su una nuvola..ma cā€™ĆØ. Ā Per me non cā€™ĆØ, non cā€™ĆØ piĆ¹. Se no posso toccarlo baciarlo accarezzarlo non cā€™ĆØ. Ma pare un concetto difficile da assimilare.

Cā€™ĆØ chi mi dice che devo sorridere ridere essere allegra, se lui mi vede cosƬ si rattrista. Lo ha detto lui? A te? IO penso che se mi vedesse ridere si incazzerebbe, ma se tu lo sai meglio di me, va bene.

Cā€™ĆØ il partito di ā€œquel che ĆØ stato ĆØ stato, scurdammuce oā€™ passatoā€ che mi esorta: dai, ĆØ morto, non torna piĆ¹, voltiamo pagina.

Cā€™ĆØ chi vuole per forza che mi imbottisca di psicofarmaci ā€œsennĆ² non ne uscirai fuori perchĆ© un mio amicoā€¦..”

Parole parole fiumi in piena che rimbalzano sul mio cuore in pezzi, sui piedi che franano sopra un terreno scivoloso, sulle certezze andate in frantumi.

Vi prego, fate silenzio. Io vorrei solo i suoi occhi che mi guardano ancora.

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Marina Baumgartner
Marina Baumgartner, romana di nascita e fiorentina dā€™adozione, vive e lavora a Milano, cittĆ  che adora. Giornalista, ha scritto di viaggi, di persone, di storie fantastiche, di Paesi lontani. Ma anche di cibo e vini buoni, due grandi piaceri della vita. Ama viaggiare, molto spesso da sola, la buona musica, le bollicine, gli spaghetti al pomodoro, la solitudine di fronte al mare, gli abbracci e gli amici veri. Scrivere ĆØ il suo respiro. E sarĆ  sempre convinta che l'amore muove il mondo.