Io cucino da quando avevo Ā undici anni. Per passione certo ma piĆ¹ per istinto di sopravvivenza. Bambina italiana italianissima nata a Roma, ostaggio culinario di due vecchie streghe austroungariche che mi hanno allevato a carne e marmellata, gnocchi ripieni di prugne, dolci dal peso specifico piĆ¹ alto dellāosmio, sbavavo alle descrizioni delle cene delle mie compagne di scuola, salame mortadella patate fritteā¦..avrei volentieri barattato mio padre generale col pizzicagnolo padre della mia compagna di banco: un sogno, per me, poter entrare lƬ dentro da padrona e mangiarmi pane strusciato col pomodoroā¦ mentre a casa mia il massimo del dessert era la macedonia Libbyās in scatola con delle ciliegine di un improbabile fintissimo color rosso.
A 11 anni mi sono fatta regalare un libro, āPiccola Cuocaā e ho fatto, orgogliosa, il mio primo dolce: la torta marmorizzata, āMarmorKuchenā: Ā per inciso, ricetta tedesca! E da lƬ ĆØ stato un lento, sicuro crescendo; la mia adorata genitrice iniziĆ² a utilizzarmi perĀ le sue cene ufficiali ed io passavo da unāinsalata russa a un patĆØ, da uno sformato a una mousseā¦.poco piĆ¹ che ventenne incontrai quello che sarebbe stato il mio fidanzato per lunghi anni ed iniziammo anche un sodalizio gastronomico. Partenza da dimenticare ā eravamo negli anni 70 -con lo spezzatino in scatola āCuoco mioā che Brillat-Savarin mi perdoni!Ā Ma durante la nostra lunga relazione abbiamo raggiunto vette altissime, dal pane tricolore bianco rosso e verde fatto a treccia e poi piegato a ciambella, a tutte le cucine etniche possibili, con ravioli cinesi fatti in casa, curry indiano dove pestavamo coscienziosamente spezia per spezia, soupe Ć lāoignon sobbollita per oreā¦ e potrei andare avanti allāinfinito. Anni di cene, tutte coppie giovani in una grande villa del ā400 divisa in appartamenti, ogni sera un turbinio di piatti, accostamenti arditi, esperimenti, scoperte. In piĆ¹, avevo iniziato a fare la giornalista di cucina. Dunque,diciamo che la materia mi era abbastanza familiare. Conosco LUI, quello dei lustrini, e parlando gli racconto di cene per trenta persone, buffet per quaranta, snocciolando con nonchalance ricette e ingredienti . In quel periodo io abitavo a Milano da unāamica e quindi tutti i discorsi si svolgevano prevalentemente al ristorante. Questo per circa un anno. Poi, finalmente, vado ad abitare in una casina tutta mia, in affitto. E lo invito a cena. Essendo passati piĆ¹ di trentāanni, ovviamente non mi ricordo il menu. Mi ricordo perĆ² di aver cucinato un giorno intero. Non cāerano i cellulari, ai tempi. Le otto, le nove, le dieciā¦non arriva: le tre, si avete letto bene LE TRE DEL MATTINO e squilla il mio telefono: āCome mi dispiace, sono stato in riunione con il mio agente finora non ho potuto avvertirti.ā Si, certo. Per la serie gli asini volano, Cristo ĆØ morto dal sonno, ecc ecc. Ma, te lo giuro, vengo domani sera!
Salvo due o tre cose della sera precedente e mi rimetto a cucinare. Le otto, le nove, le dieci, le undiciā¦e possiamo contare allāinfinito perchĆ© non solo NON ĆØ venuto, ma NON HA NEMMENO telefonato!!! La mattina dopo io, incazzatissima, ho raccolto le mie carabattole, impacchettato le cene e sono tornata a Firenze, informando lāignaroĀ fidanzato che ero andata ad unaĀ cena e la padrona di casa mi aveva regalato un poā di avanzi. E il bugiardo raccontapalle disgraziato a cui mi accompagno da anni?
Alla prossima puntataā¦.